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domenica 21 novembre 2010

Dopo il Nepal

Sono tornata ormai da diverse settimane dal Nepal, solo ora però ho deciso di scriverne. Le emozioni sono state tantissime, è un viaggio che consiglio a tutti gli amanti delle lunghe escursioni in montagna. Le destinazioni sono state: Upper Mustang e Annapurna circuit, non avendo scalato il Pisang Peak (6091m s.l.m.) i due giorni che inizialmente dovevano essere dedicati alla cima si sono invece svolti nel Chitwan national Park, un parco al confine con l'India.

Oggi volevo raccontare Kathamandu, una delle tre capitali degli ottomila.

E' una città molto grande, molto sporca e con ovviamente milioni di persone. Gli abitanti vivono per strada, nel vero senso della parola: la vita di tutti i giorni non si svolge in stancanti uffici davanti ad un PC costantemente connessi con il resto del mondo, bensì nei negozi, in giro a fare qualche cosa (ancora non ho capito cosa), in autobus, in macchina, in bicicletta o a camminare per le inensistenti strade che collegano i diversi quartieri della città. La maggior parte della popolazione è Hindu e questo si riflette molto sul modo di vestire femminile. Gli uomini invece sono tipicamente "occidentali".
La sveglia credo che suoni sempre molto presto la mattina, dall'albergo intorno alle 5.45 si iniziavano a sentire i rumorossissimi clacson delle macchine. Già, i nepalesi usano il clacson delle macchine più della frizione e del freno. Le machcine si avvisano con lunghe strombettate che a noi occidentali i primi giorni mettono un'ansia incredibile; il traffico è fuori dalla nostra portata, oltre le nostre tangenziali o i nostri raccordi nelle ore di punta, credo che nessuno di noi sia in grado, il primo giorno a Kathamandu, di guidare e sopravvivere. Magari il secondo con un pò di pazienza e fortuna.
Una cosa veramente divertente da osservare sono i cavi elettrici, dei lunghi fili attorcigliati intorno a storti pali da cui dipartono per tutta la città, ogni tanto salta la corrente elettrica. Strano.
Il quartire maggiormente frequentato da noi altri è chiamato Thamel ed è pieno di negozi di montagna. C'è di tutto a prezzi irrisori. Bisogna però comunque contrattare perchè magari un bel piumino della Mammut si riesce a pagare intorno ai 30€ (3000 rupie); non si è certi della provenienza e della qualità, sta di fatto che per un bel trekking in Nepal si può partire con uno zaino veramente piccolo con dentro un giacchetto di qualità, un paio di scarpe per cammianre e qualche pile se si ha freddo. A Kathmandu si può comprare tutto il resto, con appena 100€. E per tutto il resto intendo pantaloni, magliette, calzini, sacco a pelo, cappello, guanti (se proprio necessari) e via dicendo.
La città è da vedere, da girare e da scoprire, sempre con una cartina in mano e la prontezza di trovare un taxi per tornare a "casa" sani e salvi. Sconsiglio i bus, non si capisce dove vanno, contengono milioni di persone stipate dentro (forse non hanno scritto sul  libretto delle istruzioni il numero delle persone che possono contenere) e a noi occidentali costano abbastanza.

Una cuorisità, tornerò per assitere a delle lezioni di scuola guida!

Namaste.http://www.flickr.com/photos/viaggidovec/sets/

giovedì 30 settembre 2010

Preparazione...Nepal

Ogni volta che si scrive una lista di cose da inserire in uno  zaino significa che il viaggio è sufficientemente lungo. Quando poi lo zaino viene pesato vuol dire che per muoversi bisogna affidarsi alla tecnologia. In Nepal, soprattutto per motivi legati al tempo, ci andrò in aereo. Se penso a questa mia destinazione ho tanti pensieri sovrapposti, dalle grandi spedizioni alpinistiche alla mia paura delle creste (non so perchè), dai rifiuti che potrei, ma non devo, lasciare, al lungo periodo che starò da sola, sotto le grandi vette himalayane. Cerco poi di dirottare le mie riflessioni sulla grande energia che queste cime porteranno in me, poi però mi rendo conto che sono solo un granello di nulla nell'immenso cosmo e ho paura di non riuscire a cogliere la vera essenza di tutto quello che mi aspetta. Allora più umilmente penso ai miei limiti, ai miei difetti, alla mia sporcizia interiore. Cerco così di trovare il motivo per non rimanere schiacciata dalla materialità dell'attuale mondo, pulirmi e andare via sopra un raggio di luce gialla o bianca.

lunedì 13 settembre 2010

La Rocca dell'Abisso

I fortini militari tra Francia e Italia

La Rocca è una montagna posta a sorveglianza dei viandanti che attraversavano la Francia per andare in Italia. Dalla sua cima sono sempre ben visibili i lunghi sentieri che si snodano tra le montagne circostanti, inoltre il panorama è circondato dalle vette delle Alpi Liguri, Marittime e Cozie. La leggenda vuole che una giovane innamorata abbaia trovato la morte tra le pendici della Rocca mentre andava in cerca del suo amato, spedito dal padre di lei sulla cima a trovare delle stelle alpine per adornare la coroncina di nozze della figlia. I fischi delle marmotte sono sempre presenti e ogni tanto,soprattutto la mattina presto, è anche possibile scorgere degli stambecchi o dei camosci che si divertono tra le instabili rocce sulle quali si cammina prima della vetta.

DESCRIZIONE:
Dalla S.S. 20 del Colle di Tenda prima del tunnel seguire le indicazioni per Limone 1400. Si segue la strada fino a trovarsi davanti una piccola collina che sbarra la strada. Lasciata la macchina si continua su un sentiero ben segnalato ed evidente che si snoda sotto le montagne circostanti. Il paesaggio racconta del duro lavoro degli alpini che hanno a lungo scavato per costruire le strade che conducono ai numerosi fortini sparsi sul confine. La vetta si raggiunge dopo una pietraia facile da percorrerre. Il paesaggio è sempre meraviglioso, nelle terse giornate il Marguareis, nella parte bassa del sentiero e il Monviso dopo i primi 500m di dislivello sono sempre di vedetta. Dislivello: 884m
Difficoltà: E
Tempo di salita: 3.30 ore
tratto da "Vette delle Alpi dalla Liguria al Monviso" di Andrea Parodi

mercoledì 25 agosto 2010

I Laghi di Roburent (CN)

I Laghi di Roburent una scoperta passo dopo passo

Il viaggio che conduce sulle sponde di un lago alpino è sempre lungo. Questi specchi d'acqua difficilmente si trovano in bassa valle: con il passare del tempo il materiale sabbioso, ghiaioso e ciottoloso trasportato e doposto dai corsi d'acqua li riempie fino a coprirli; nella zone più elevate invece la neve conserva le depressioni lacustri, mantendendo inalterata la forma dei laghi.

Il giro dei Laghi di Roburent si sovlge in un ambiente arido, assolato e carsico, caratterizzato da ampi pascoli rocciosi oltre i quali appaiono le distese di acqua, come oasi nel deserto. L'udito è distratto dal rumore delle fragorose cascate (il toponimo Roburent significa "corso d'acqua rumoroso"), dai fischi delle marmotte di vedetta e dei gracchi alpini (Pyrrhocorax graculus) che si chiamano; gli occhi sono appagati, oltre che dal meraviglioso panorama circostante, anche del piacevole volo del Culbianco (Oenanthe oenanthe), un simpatico compagno di viaggio con un particolare disegno, bianco e nero, sulla coda.
I laghi di Roburent sono tre, di diverse dimensioni e forme: il primo che s'incontra, patendo da Argentera, è quello inferiore (2330m s.l.m.) e come il Lago Mediano, che s'individua poco dopo ( 2360m s.l.m.) seguendo il sentiero ben delineato, è di orgine carsica. Il Lago Superiore (2426m s.l.m.) ha origini glaciali ed è il più grande, vicino alle sue sponde si possono osservare dei vecchi ripari costruiti in pietre a secco chiamati "trune". La nostra escursione si è fermata qui ma il giro può continuare e arrivare a scoprire altri due specchi d'acqua: il Lac dell'Oronaye e il Lago della Maddalena, racchiusi dalle imponenti cime dell'Oronaye
L'escursione è molto piacevole e può partire da diversi punti. Noi abbiamo lasciato la macchina ad Argentera e abbiamo poi seguito le indicazioni per i Laghi segnate con delle freccie azzurre.
Nella prima parte della camminata il paesaggio è molto simile a quello abruzzese, ma il rumore delle fragorose cascate mi ha sempre ricordato di essere sotto le Alpi.
La visione di un lago alpino trasporta la mente, e il corpo, in un altra dimensione dove il cuore e il cervello vengono invasi da sentimenti riflessi dal prondo.

venerdì 20 agosto 2010

L'Ischiator, tra le Alpi Marittime e le Cozie

Un varco tra due catene alpine

L'Ischiator (2998m s.l.m.) è una cima delle Alpi Marittime che offre un' ampia visione sulle Alpi Cozie. Si trova in Valle Stura nei comuni di Vinadio e di Pietraporzio. E' una montagna caratterizzata da rocce metamorfiche tipiche del Massiccio Cristalino dell'Argentera, la vetta più alta delle Alpi Marittime (3297m s.l.m.). Il suo nome deriva da una base prelatina ischia che significa luogo scivoloso, caratteristica tipica di queste rocce quando bagnate dall'acqua. La catena di cui fa parte sovrasta due laghi di origine glaciale, nel versante sud ovest sono rimaste antiche tracce, sempre più difficili ormai da trovare, di un vecchio ghiacciao alpino. La flora che occupa questo territorio è caratterizzata da piante protette come il genepì (Artemisia glacialis) e l'arnica montana (Arnica montana) che profumano e colorano le ripide pendici delle montagne su cui vivono. Le marmotte sono gli animali che accompagnano, con i loro fischi di allerta, ogni passo dell'escursionista, i camosci invece si mostrano solo quando la fatica inizia a prendere il sopravvento. Prima di giungere sotto la cima dell'Ischiator, e iniziare la salita alla vetta, bisogna arrivare al rifugio Migliorero, un luogo dove lo spirito e il corpo possono riprendersi da ogni fatica.

DESCRIZIONE

Luogo di partenza e arrivo: Bagni di Vinadio da dove si seguono le indicazioni per il Rifugio Migliorero, la strada da prima asfaltata diventa poi sterrata e la si prosegue fino ad una sbarra, presso la quale bisogna lasciare la macchina
Difficoltà: T da dove si lascia la macchina fino a rifugio Migliorero; E fino al Passo di Laris (2744m s.l.m.); EE se si ragigunge la vetta tramite la via Normale, F se si scegle la Cresta Est-Nord Est
Tempo di Percorrenza: 6 ore da dove si lascia la macchina
Dislivello: 900m dal rifugio
...prima di arrivare al rifugio Migliorero la camminata sembra interminabile, si segue la strada bianca che si snoda tra una cascata rumorosa (dalla quale nasce l'acqua Sant'Anna di Viandio) e i grandi prati che ospitano le numerose marmotte sempre pronte a scappare o fischiare, in alcuni casi si riesce a fotografarle da vicino ma bisogna saper chiedere il permesso e attendere che sia dato. Dal Migliorero si segue il sentiero che attraversa il Lago Inferiore dell'Ischiator (2064m s.l.m.), sale verso le alte vette che sovrastano la valle e giunge ad un bivio. Da questo punto il rifugio e il lago sembrano un panorama creato appositamente per essere fotografato e contemplato. Proseguendo verso destra il sentiero diviene via via sempre più ripido, giunge nei pressi di una vecchia casermetta e successivamente arriva al Passo di Laris da cui è possibile scorgere la cima del Monviso (3841m s.l.m.) in lontananza. Da qui si può decidere se continuare a camminare e giungere in vetta tramite la via normale o iniziare ad arrampicare e salire dalla cresta est- nord est. Se al bivio si decide invece di andare a sinistra si giunge nei pressi del Lago Mediano dell'Ischiator (2410m s.l.m.) un lago glaciale che rimane per molto tempo ricoperto dalla neve. Dal rifugio Migliorero è possibile iniziare molteplici escursioni, tutte pronte ad offrire panorami mozzafiato, tra le Alpi Marittime e le Cozie.

Un giro sotto il Monviso, tra le pagine della Rivista del Trekking & Outdoor